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  • Giosué Carducci

  • Rime

  • Edizione originale della prima raccolta poetica: San Miniato, Tipografia Ristori, 1857.

    Compongono la raccolta venticinque sonetti e tredici canti, l’ultimo dei quali è diviso nei tre Saggi di un canto alle Muse. Le poesie contenute nelle Rime furono successivamente oggetto di numerosi ripensamenti, nel lungo lavorio di sistemazione dell’opera poetica operato negli anni; molte confluiranno — prive del titolo — nella sezione Levia gravia (cfr. Barbieri, passim). 

    Carducci Rime 1

    Le vicende editoriali legate all’uscita delle Rime sono talmente rocambolesche da assumere tratti romanzeschi.

    È lo stesso Carducci a riferirle, con vivacità e dovizia di particolari, in una delle sue prose autobiografiche più fortunate, «Le risorse di San Miniato al Tedesco e la prima edizione delle mie rime», (cfr. Giosuè Carducci, Confessioni e battaglie, Ditta Nicola Zanichelli, (Cesare e Giacomo Zanichelli) Bologna 1890, pp. 13-37).

    Carducci Rime __

    Il poeta, poco più che ventenne, aveva accettato l’insegnamento di retorica al ginnasio di San Miniato. Insieme a lui, nella stessa scuola, erano approdati i compagni della Normale di Pisa Ferdinando Cristiani e Pietro Luperini, insegnanti rispettivamente di grammatica e delle umanità. I tre si unirono immediatamente alla «brigata di giovanotti» del paese che «passavano tutte le sante giornate a non far nulla, o meglio a far di quelle cose che forse sono le più degne e più proprie dell’homo sapiens (almeno gli animali non le fanno), come sarebbe mangiare e bere il meno male e il più spesso possibile, giocare, amare, dir male del prossimo e del governo» (p. 20).

    Carducci, Cristiani – detto Trombino –, e Luperini presero casa insieme, alle porte del paese, in quella che comunemente veniva chiamata la casa de’ maestri, ma che fu da Carducci e amici ribattezzata, con fare più poetico, Torre Bianca: la residenza divenne il punto di ritrovo dell’«allegra compagnia» dei giovani del paese e, ben presto il vicinato ebbe di che lamentarsi «per i molti strepiti. Ci si sentiva, pur troppo, di notte e di giorno, ogni qual volta, ed era spesso, l’allegra compagnia la invadesse» (pp. 20-21). Non mancarono, alla Torre Bianca, le visite degli amici fiorentini, il Nencioni, il Chiarini e il Gargani che, «non troppo avvezzi a codesti fuochi di fila, se ne tornavano la dimane a Firenze, con uno sbalordimento ammirativo, che durava più giorni, della ospitalità di San Miniato» (p. 23).

    Carducci Rime

    In questo quadro, naturalmente, le risorse finanziarie a disposizione di Carducci e compagni terminarono: le 90 lire al mese di stipendio passate dal Ginnasio erano una cifra insufficiente per sostenere le spese di una vita dissoluta e pagare il canone d’affitto della Torre Bianca.

    E così, Ferdinando Cristiani avanzò la proposta di pubblicare le poesie di Carducci: «Una mattina Trombino [i.e. Cristiani] mi entra tutto serio in camera; e, senza preamboli, – Stampiamo le tue poesie». Il poeta, però, ci rimase male e rifiutò indispettito: «Dare qualche sonetto o canzonetta a un giornale o ad un almanacco di città […] passi. Ma raccogliere ed esporre io le mie poesie in un libretto a prezzo come in un bordello, e abbandonarle ai contatti del pubblico che le mantrugiasse e stazzonasse come ragazze a cinque o a tre paoli, ohimè!» (p. 35).

    E tuttavia, da una parte le richieste dei creditori si facevano sempre più pressanti; dall’altra, il tipografo Ristori offriva un trattamento d’amico, assicurando una spesa ridotta per la pubblicazione. Carducci, dunque, alla fine accettò: «Così avvenne che ai 23 luglio del 1857 le mie rime uscissero alla luce del pubblico […] coll’intendimento onesto e l’ardita speranza di pagare i miei debiti».

    L’operazione commerciale si rivelò un fiasco assoluto; il volumetto vendette poco o nulla, e i debiti dilagarono. In tutta fretta e di nascosto, una mattina d’agosto Carducci abbandonò la Torre Bianca insieme al Cristiani, e dovettero intervenire i genitori di entrambi per appianare i debiti accumulati dai figli.

    Carducci Rime _

    La ricostruzione del contesto e delle vicende che portarono alla stampa delle Rime fatta da Carducci, evidentemente, come accennato in apertura, ha del romanzesco, e non si può escludere che alcuni elementi siano stati estremizzati e caricaturizzati: quel che è certo, però, è che grazie alla loro pubblicazione, la via alla poesia era ormai aperta.

     

    Descrizione fisica e collazione

    In 16° piccolo (150 x 105 mm); pp. [8] di cui: una carta bianca, la carta di errata, il frontespizio e verso l’esergo properziano, la carta con epigrafe «A Voi Giacomo Leopardi e Pietro Giordani»; 93; [3] di Conchiusione e licenza (con esergo di congedo dalla satira prima di Persio), indice e colophon.Copertina originale in leggera brossura verde, testo in riquadri tipografici decorati ai piatti, dorso muto.

     

    Bibliografia essenziale

    —Torquato Barbieri, Dittico carducciano, 1: Le editiones principes delle poesie di Giosuè Carducci (in «L’Archiginnasio», 91, 1996, pp. 273ss.)
    —G. Carducci, «Le risorse di San Miniato al Tedesco e la prima edizione delle mie rime», in Id., Confessioni e battaglie, Ditta Nicola Zanichelli (Cesare e Giacomo Zanichelli), Bologna 1890, pp. 13-37
    —Parenti, Rarità, II p. 58 («rarissima»)

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