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Silvio Pellico
Le mie prigioni, memorie di Silvio Pellico da Saluzzo
Edizione originale: Torino, presso Giuseppe Bocca, librajo di S. S. R. M., 1832
Il libro che «ha danneggiato l’Austria più di una battaglia persa»
Il 13 ottobre 1820 Silvio Pellico venne arrestato a Milano dalla polizia austriaca: l’accusa, gravissima, era quella di cospirazione contro l’Imperatore.
L’autore, già in contatto con gli ambienti più liberali della città, l’anno precedente aveva partecipato, in qualità di redattore e direttore, alla breve avventura del “Conciliatore” (qui la collezione completa disponibile nel nostro Store) conclusasi per intervento della censura austriaca; venne poi introdotto da Piero Maroncelli alla carboneria, in particolare nella società segreta dei Federati, di ispirazione patriottica e antiaustriaca.
E fu lo stesso Maroncelli a causare l’arresto di Pellico e di numerosi altri affiliati, tra cui Melchiorre Gioia: non solo fu trovato in possesso di lettere compromettenti, ma, durante gli interrogatori condotti da Antonio Salvotti, abile manipolatore, fece i nomi di molti dei suoi compagni.
Da Milano, Pellico fu condotta a Venezia, nella prigione dei Piombi, e infine nell’isola di Murano.
Il processo si concluse il 21 febbraio 1821, giorno in cui venne letta la sentenza che condannava a morte l’imputato, pena poi commutata in 15 anni di carcere duro, da scontare nella fortezza austriaca della Spielberg, in Moravia, presso Brno.
L’edificio era stato convertito in carcere proprio per ospitare l’ondata di arresti provenienti dall’Italia.
Il carcere duro segnò profondamente Pellico, che «passò rapidamente da una generica mentalità libera e non confessionale ad un esasperato cattolicesimo» (Luciano Canfora, Pellico: il diario di una conversione che divenne denuncia politica, “Il Corriere della Sera”, 11 gennaio 2011).
E così, a dispetto di quanto comunemente ritenuto, l’autore si risolse a scrivere Le mie prigioni non come atto d’accusa contro il carcere e la repressione austriaca, ma come testimonianza della forza della fede, sostegno vitale nelle condizioni di estremo dolore.
Un “manifesto” del Risorgimento...
La stesura avvenne a Torino, per la precisione nella casa dei genitori, in via Barbaroux, al civico 20, tra il 1830, anno della sua scarcerazione e il 1831.
Nel maggio del 1832 il volume superò la disamina della censura ecclesiastica e a luglio quello della censura politica, e Pellico firmò il contratto con l’editore Bocca l’1 settembre dello stesso anno:
«Io sottoscritto dichiaro d’aver ricevuto dal signor Giuseppe Bocca Librajo di S.M. la somma di Lire nuove di Piemonte Nove Cento, e queste per il prezzo convenuto della cessione del mio Manoscritto delle Memorie mie intitolate le mie Prigioni, delle quali cedo al detto Sig. Giuseppe Bocca la proprietà, colla facoltà di farlo stampare e ristampare nel sesto e modo che gli parrà conveniente a’ suoi interessi, dichiarando che non farò mai stampare né dar permesso che vengano ristampate le dette Memorie ne’ regii Stati di Terra ferma, e in fede Torino, 1 settembre 1832 Silvio Pellico».
Il successo fu enorme: le ristampe si succedettero rapidamente, così come le traduzioni, soprattutto in Francia e Spagna. In breve, il libro divenne una sorta di manifesto del Risorgimento, con un effetto diretto sulla politica contemporanea: Metternich arrivò ad affermare che il libro aveva danneggiato l’Austria più di una battaglia persa.
Descrizione fisica e collazione
In 8°, bella legatura in piena tela blu dell’epoca con grande inc. oro ai piatti, titoli e fregi oro al dorso, pp. [8] 339 [1]. Nelle immagini, esemplare freschissimo con grandi margini, uno dei pochi esemplari stampati su carta grande.
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