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  • 03 Novembre 2022
  • Repubblica Sociale Italiana. Iconografia della propaganda

  • Un catalogo dedicato ai manifesti e ai volantini della RSI, parte di un'ampia collezione privata, “Repubblica Sociale Italiana. Iconografia della propaganda”, edito da Pontremoli editore, offre allo studioso, allo storico, al collezionista lo spaccato di un tempo, di una vicenda tanto drammatica quanto decisiva della storia italiana.

    Per informazioni e acquisti potete scrivere a info@libreriapontremoli.it

    Repubblica Sociale Italiana. Iconografia della propaganda

    Dalla premessa...

    Un ventennio è davvero un lungo periodo; non lo si può cancellare per decreto, neppure in tempo di guerra. Sopravvivono, dentro i mutamenti istituzionali, le ragnatele di legami: abitudini, rapporti di amicizia, storie di famiglia, rancori, passioni, vendette, tradizioni culturali e religiose.

    Pochissimi giorni dopo l’armistizio un commando di paracadutisti tedeschi liberò Mussolini, imprigionato sulla vetta del Gran Sasso; il 18 settembre 1943, con un discorso al popolo italiano trasmesso da Radio Monaco, annunciava l’imminente costituzione di un nuovo stato, fascista ma repubblicano, con un ambizioso programma sociale che richiamava le origini del movimento, nel 1919, prima della Marcia su Roma. La Repubblica Sociale Italiana copre un arco temporale breve, ma non brevissimo: dal 23 settembre 1943 fino al 29 aprile 1945. Furono 19 mesi di guerra, devastante e terribile, a fianco della Germania nazista, fino alla disfatta dell’Asse.

    Il governo di Salò conferì, naturalmente, un ruolo centrale alla comunicazione, alla macchina della propaganda. Alessandro Pavolini (figlio di Paolo, filologo illustre e docente di sanscrito), già ministro della Cultura Popolare (il c.d. Minculpop) durante il Ventennio, si incaricò, nella nuova qualità di segretario, di costruire l’apparato di sostegno al governo.

    Già a fine ottobre 1943, era riuscito a raccogliere circa 250.000 adesioni al neonato Partito Fascista Repubblicano. Delle strutture militari si occuparono due alti ufficiali, entrambi con notevole esperienza sul campo e con pochi scrupoli umanitari: Rodolfo Graziani e Junio Valerio Borghese. Le campagne di arruolamento furono assai intense, martellanti, impegnando affermati illustratori (fra tutti Gino Boccasile), collettivi redazionali per l’elaborazione dei testi, giornalisti di prestigio per la gestione dei grandi quotidiani. Per rendere l’idea della reale consistenza dei mezzi utilizzati basti pensare che la tiratura del “Corriere della sera”, diretto da Ermanno Amicucci, era mediamente di 800.000 copie, e contava sulla piena collaborazione di scrittori importanti, quali Giovanni Comisso o Dino Buzzati. E “La stampa” di Torino, pure commissariata, tirava a sua volta oltre 500.000 copie. Sarebbe difficile comprendere appieno l’efficacia della propaganda utilizzata dalla Repubblica Sociale Italiana ove ci si limitasse a ricondurla a un generico collaborazionismo, a sostegno dell’esercito occupante tedesco; fu qualche cosa di più articolato e complesso e ne troviamo preziosa testimonianza nella Collezione Feudatari, significativa proprio per la varietà dei luoghi di stampa e delle occasioni contingenti che contrassegnano i singoli pezzi, per la qualità delle immagini e della grafica, per l’incisività nella creazione di testi e parole d’ordine. Nelle file della Repubblica Sociale si collocò un mosaico assai variegato di soggettività, non sempre fra loro in piena armonia e non di rado anzi in aperto dissenso. Il ministro dell’Educazione Nazionale, Carlo Alberto Biggini, giurista incline ad ammorbidire per quanto possibile i toni, era in costante polemica con l’ala oltranzista del partito; il ministro della Cultura Popolare, Ferdinando Mezzasoma, ebbe scontri durissimi con il comandante della Decima mas, Junio Valerio Borghese; la socializzazione delle imprese fu affidata, con un seguito di astiose polemiche, a Nicola Bombacci, fra i fondatori del Partito Comunista d’Italia, poi fucilato a Dongo. La figura carismatica del filosofo Giovanni Gentile funzionò da richiamo e fu certamente di aiuto nella raccolta di consenso, specie nel settore importante dell’insegnamento scolastico, in particolare di quello universitario. Non per caso, dopo la guerra, la nuova Italia riconobbe come valido, ai fini della carriera e del pensionamento, il periodo di docenza svolto alle dipendenze della rsi.

    Ordinare il materiale della Collezione Feudatari ha reso necessaria una scelta di metodo. Abbiamo optato per una suddivisione tematica del materiale, con richiami a bordo pagina. In ciascuna sezione abbiamo presentato i manifesti in ordine alfabetico.

    È riconoscibile in molti manifesti la scelta di caratteri tipografici di ispirazione futurista. Assai notevole è la grafica del bando veneziano del centro di reclutamento dell’artiglieria contraerea datato 12 maggio 1944, con una chiusa quasi manzoniana (papà che facesti tu per arrestare l’orda?) e di grande effetto il manifesto di Boccasile per la Decima mas, con uno scafo silurante che solca l’acqua e chiama a raccolta gli arditi del mare. Quasi barocco, per via dei fregi a contorno del testo rivolto a giovani e reduci, è il bando della Guardia Nazionale Repubblicana, la milizia diretta da Renato Ricci, ex legionario fiumano, in perenne lite con Graziani; mentre evoca tratti quasi iperrealisti il giovane artigliere del siciliano Leo Licari che intima agli italiani di difendere le città dai bombardamenti alleati. La grafica pubblicitaria rinnovata dall’influsso futurista viene, dentro il conflitto, adattata alle esigenze del proselitismo; affiancano le firme celebri numerosi illustratori rimasti anonimi, ingaggiati dal Nucleo Propaganda o dal Propaganda Abteilung Italien e presumibilmente poi restii a rivendicare la paternità delle opere nel primo dopoguerra. Non portano firme manifesti patriottici come O Roma o morte, satirici come Di che cosa si parla: noi portiamo la pace, neo-risorgimentali come Fratelli d’Italia l’Italia s’è desta!, truculenti come Mano sovietica, d’incitamento come La grande ora si avvicina. Ma lasciano tuttavia intravedere una notevole professionalità, sono generalmente di ottimo livello, sia nella preparazione, sia nell’esecuzione. Ovviamente spiccano i manifesti degli artisti più celebri, già affermati prima della rsi, non a caso rapidamente perdonati e nuovamente attivi dopo la liberazione: sono Gino Boccasile (1901-1952) e Dante Coscia (1912-1986).

    L’insieme della raccolta ci pare di straordinario interesse: i manifesti illustrati, i decreti destinati all’affissione pubblica, ma anche i più minuti pieghevoli e i volantini (a cui sono dedicate le pagine ripiegate che inframmezzano il volume), offrono allo studioso, allo storico, al collezionista lo spaccato di un tempo, di una vicenda tanto drammatica quanto decisiva della storia italiana.

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