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  • 29 Novembre 2018
  • Eugenio Montale pittore

  • La pittura
    da cavalletto costa sacrifizi
    a chi la fa ed è sempre un sovrappiù
    per chi la compra e non sa dove appenderla.
    Per qualche anno ho dipìnto solo ròccoli
    con uccelli insaccati,
    su carta blu da zucchero o canneté da imballo.
    Vino e caffè; tracce di dentifricio
    se in fondo c’era un mare infiochettabile,
    queste le tinte.
    Composi anche con cenere e con fondi
    di cappuccino a Sainte-Adresse là dove
    Jongkind trovò le sue gelide luci
    e il pacco fu protetto da cellofane e canfora
    (con scarso esito).
    È la parte di me che riesce a sopravvivere
    del nulla ch’era in me, del tutto ch’eri
    tu, inconsapevole.

    Eugenio Montale, L’arte povera

    Montale quadro

    Con questi versi Montale “mette in poesia” la sua arte pittorica che, da «pittore domenicale e incompetente critico» — come era solito definirsi lui stesso — praticò con costanza a partire dal 1945. Una pittura che molto condivide con i versi del poeta; l’attenzione alle piccole cose e la delicatezza del tratto che quasi si fonde con il supporto. Paesaggi, animali, nature morte disegnate con pastelli, colori a olio (ma anche vino, cenere e dentifricio) spesso su supporti di fortuna come cartoncini di fortuna e carta da pacchi — «Ho bisogno di materiale volgare. Il candore della tela mi spaventa», sono le parole del poeta.

    «Qualche anno fa a Parigi portai alcuni quadri e disegni ad un vecchio artigiano perché facesse le cornici. Più che vecchio era antico, appartenente a una razza civile che si sta estinguendo anche in Francia (più lentamente che in Italia), quella dell’artigiano colto. Guardò con indifferenza quadri e disegni che portavano firme note, e si fermò su uno: “Questo è il più bello. Si capisce che non è un pittore di professione. Ma è pieno di talento, dev’essere un poeta”.» (Guido Piovene, in La tavolozza color foglia secca di Eugenio Montale, Genova 1991)

    Le sue opere furono affidate alle collezioni private di amici intellettuali che in molti casi ancora oggi gelosamente le conservano. Tra questi Piero Bigongiari, appassionato collezionista di quadri del Seicento fiorentino e dei contemporanei, a cui è indirizzata la lettera autografa che apre questa lista; e Enrico Emanuelli, dalla cui collezione provengono tutti i pastelli su cartoncino della presente lista, ma anche Spaziani, Zampa, Vittore Branca, Vanni Scheiwiller.

    Montale quadro

    «A un certo punto il discorso cadde sulla pittura. “Dipingo anch’io”, disse, e la notizia colse tutti di sorpresa. “Che tipo di pittura è la sua?” domandò Paulucci. “Una sintesi di De Pisis e Morandi”. Scoppiammo a ridere, lo confesso, tanto una sintesi del genere ci pareva impossibile, ed eravamo in parte perdonabili, certi che per lui si trattasse di un passatempo, di un capriccio passeggero. E ora di Montale si fanno mostre. Nessuno più ride né lo considera un pittore della domenica. Ha un suo stile, un suo marchio riconoscibile, una sua poesia anche sulla tela o sul cartone.» (Maria Luisa Spaziani, ibidem)

    Maestri del poeta furono Raffaele De Grada e Guido Peyron; a quest’ultimo, cuoco e pittore fiorentino il cui nome compare nella missiva sopracitata inviata a Bigongiari, Montale dedicò la poesia Il gallo cedrone.

     

     

     

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